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una scelta meditata
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Paso
2005-06-07 17:44:45 UTC
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EDOARDO PATRIARCA, DEL FORUM DEL TERZO SETTORE

Una scelta meditata

L'astensione non è un gioco tattico, o una scelta "furbetta".
Ma un modo per contrastare il "fai da te" etico.


Il referendum abrogativo è un istituto di democrazia diretta. Il popolo degli elettori è chiamato a
cancellare una legge o a conservarla, a mutarla o a lasciarla uguale, mediante un sì o un no. Ma
oltre a una scelta binaria, la Costituzione repubblicana conferisce dignità e peso politico anche a
una terza scelta, l'astensione dal voto, che fa mancare il quorum.
«Il livello di partecipazione è ingrediente necessario di validità della consultazione», ha spiegato
il magistrato Giuseppe Anzani in un contributo al numero della rivista scientifica Famiglia Oggi,
interamente dedicato alla procreazione assistita. «Ciò significa che l'accettazione o il rifiuto di
concorrervi è il primo gradino della medesima libertà democratica».
Che non ci siano disimpegno, distrazione, disinteresse nei molti che hanno deciso di difendere la
legge 40 astenendosi dal voto è sotto gli occhi di chiunque partecipi agli incontri, convegni,
manifestazioni organizzati dalle tante associazioni mobilitate per evitare che la vittoria dei sì al
referendum cambi il provvedimento in articoli e passaggi che segnano profondamente il suo
significato.
«L'esperienza di questi mesi è stata persino entusiasmante», commenta Edoardo Patriarca, dirigente
del Forum permanente del terzo settore, il coordinamento che raccoglie più di 100 organizzazioni,
copresidente nazionale dell'Agesci dal 1997. «Si è creato un clima di unità, di riflessione seria e
meditata, che io ritengo provvidenziale. Come se al dramma del referendum faccia da contrappeso la
crescita di una riflessione sulla vita forse mai vista. Negli incontri convocati dall'area
associativa, dai movimenti, dalle diocesi c'è una grande partecipazione di tanti, compresi molti
giovani e ragazzi, da cui emerge una grandissima consapevolezza della sfida del referendum, ma non
solo. È una sfida antropologica che nasce dalla constatazione di come oggi la ricerca agisca sulla
struttura costitutiva dell'uomo, una realtà che spinge i cattolici, ma anche tanti fra i laici più
pensosi, a chiedere non certo, come si continua a dire, di limitare la ricerca, ma di continuare a
lavorare per il bene dell'uomo senza usare altri esseri umani».
È singolare e interessante che molte delle persone impegnate per la difesa della legge o nel
comitato Scienza & Vita, di cui Patriarca è uno dei consiglieri, annuncino già che l'esperienza
procederà, qualunque sia il risultato dei referendum: «Le persone hanno capito bene che sono in
gioco questioni che non stanno a cuore solo all'episcopato italiano, ma che segnano il futuro di
tutti. Che riguardano anche la difesa dei valori contenuti nella prima parte della Costituzione, in
cui si dice chiaramente che la Repubblica tutela i diritti biologici della persona. Molti di noi
sono gli stessi che hanno dichiarato preoccupazione per la riforma costituzionale su cui si discute
tanto. Per questo motivo siamo ancora oggi a difenderla sul profilo valoriale. Questa non è una
questione dibattuta tra cattolici e laici, ma riguarda proprio il sistema di valori che hanno
costituito la Repubblica italiana».
Patriarca respinge con pacatezza, ma con grande decisione, le accuse del fronte dei sì: «Non
cerchino di farci passare per fondamentalisti. Siamo profondamente democratici e legati alla Carta
costituzionale. Non si capisce perché altri, che sono contro il liberismo economico, accettino il
liberismo etico. Sono andati in piazza contro la globalizzazione e l'ingiustizia, contro il mercato
che detta le regole, eppure su questa questione, su cui conta molto il mercato, si comportano in
modo così diverso. Io non capisco, ma, davvero e sinceramente, come mai i miei amici, che mi hanno
fatto compagnia nelle battaglie per i diritti civili e la pace, non capiscano che questa è la
medesima battaglia, contro la logica mercantile e la privatizzazione della dimensione affettiva e
del "fai da te" etico».

Non è certo qualunquismo

A chi sostiene che la decisione di non andare a votare nasca da un semplice gioco tattico, Patriarca
replica che «la scelta di non andare a votare non è stata presa a cuor leggero. Anzi, c'è stata
sofferenza. Ma bisogna ricordare che c'è una grande differenza tra non andare a votare per le
elezioni politiche o amministrative e per il referendum, che prevede questa opzione, scelta peraltro
abbracciata in altre occasioni. Non è qualunquismo, è una possibilità che abbiamo, perché non si può
usare la clava del sì o del no su questioni di una tale delicatezza, né costringere le persone a
ragionare in breve tempo su una questione che fa tremare i polsi. Sulla legge il Parlamento ha
dibattuto per lunghissimi anni e votato a larga maggioranza. I referendari dicono che non
corrisponde alla maggioranza del Paese. A loro l'onere di dimostrarlo».
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Paso
Paso
2005-06-07 17:45:39 UTC
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PROCREAZIONE - REFERENDUM

UNA SCELTA LEGITTIMA
ASTENERSI È UN DIRITTO

«Non c'è nulla di riprovevole», dice il professor Stefano Zamagni, «a rifiutarsi di accettare che
500.000 firmatari obblighino 30 milioni di italiani ad andare a votare».


Una consapevole non partecipazione al voto, che ha il significato di un doppio no ai contenuti dei
quesiti sottoposti al referendum, che peggiorano irrimediabilmente e svuotano la legge, riaprendo in
larga misura la porta a pericolosi vuoti normativi, e all'uso dello strumento referendario in una
materia tanto complessa e delicata. Con pacatezza e lucidità queste parole sintetizzano la posizione
che ormai da mesi accomuna la stragrande maggioranza di coloro che difendono la legge 40 sulla
procreazione assistita e hanno scelto la via dell'astensione per evitare che si torni alla
precedente situazione di disordine procreatico. Guai, però, a citarle tra virgolette e attribuirle
al suo estensore, il cardinale Camillo Ruini, che le ha pronunciate nella prolusione alla 54ª
assemblea generale della Cei, di cui è presidente.
L'"intrusione" della Chiesa, peraltro accolta e osannata quando interviene su temi "graditi",
provoca commenti che comprendono termini come «intimidatorio» e «diktat» e trasudano un'insofferenza
capace di spingersi a inventare improbabili differenze con il pensiero di papa Benedetto XVI. Il
quale, vale la pena di ricordarlo, nel medesimo consesso, in riferimento all'impegno «a illuminare e
motivare le scelte dei cattolici e di tutti i cittadini circa i referendum ormai imminenti», ha
detto queste parole: «Proprio nella sua chiarezza e concretezza è segno di sollecitudine di veri
Pastori buoni per ogni essere umano, che non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine,
come ci insegna il Signore Gesù Cristo nel Vangelo e come ci dice la stessa ragione umana».
In tale impegno, ha ricordato il Papa, c'è la «stessa sollecitudine per il vero bene dell'uomo che
ci spinge a prenderci cura delle sorti delle famiglie e del rispetto della vita umana e si esprime
nell'attenzione ai poveri che abbiamo tra noi, agli ammalati, gli immigrati, ai popoli decimati
dalle malattie, dalle guerre e dalla fame».
Difficile scovare i toni da scomunica, lamentati da chi in questi giorni è insofferente verso
opinioni differenti dalle proprie. «Si dimentica il tanto invocato principio di laicità, che implica
che tutti i soggetti della società civile, quindi anche la Chiesa, devono avere la possibilità di
esprimersi nel foro pubblico in libertà; al tempo stesso, il cittadino deve essere libero di
decidere senza costrizioni di sorta nel merito della questione», commenta Stefano Zamagni, docente
di Economia politica all'Università di Bologna e presidente dell'Icmc, l'International catholic
migration commission con sede a Ginevra . «Le affermazione di coloro che parlano di intromissioni
dimostrano che c'è malafede o disinformazione. Disinformazione perché non sanno che cosa afferma il
principio di laicità. La verità è che nel nostro Paese si confonde la laicità col laicismo, che
sostiene che un soggetto può pensare quello che ritiene, ma non può esternarlo. C'è una grande
differenza con il rispetto, che consente di esprimere il dissenso. Parlare di invadenza nel caso dei
vescovi è veramente mistificatorio. Questo cancan, lo dico con grande consapevolezza, è provocato da
persone che vogliono mistificare, oppure non conoscono il significato del termine "laicità"».
La stessa chiarezza di opinioni emerge dalla riflessione che Zamagni fa sul merito del dibattito in
corso: «Ritengo che l'embrione sia allo stato potenziale persona, perché credo al principio di
continuità. Nella vita umana non ci sono salti dalla fecondazione in avanti. Per coerenza, dunque,
non possiamo mettere sullo stesso piano un desiderio, per quanto legittimo, di avere un figlio con
un diritto. Se ci si mette in questa direzione, come si fa a difendere la condizione di vita del
malato terminale, della persona in coma, il diritto alle cure dei meno abbienti?».
Una lettura mistificatoria secondo Stefano Zamagni viene data anche sulla proposta dell'astensione,
ritenuta fuga nell'indifferenza: «Non è menefreghismo. Non ci stancheremo mai di dire che la terza
scelta è prevista dalla legge e non c'è nulla di riprovevole a rifiutarsi di accettare che 500.000
firmatari obblighino 30 milioni di italiani ad andare a votare. Come se io invitassi qualcuno a cena
e gli dicessi: devi scegliere se venire e mangiare o venire e non mangiare... Mentre potrebbe sempre
decidere di non venire affatto. Lo sa bene anche l'onorevole Fassino, che due anni fa invitò a non
andare a votare al referendum sull'articolo 18 e ora dice che noi siamo immorali. Che cosa è
cambiato? La verità è che quello che non piace è il mondo cattolico. Il punto non è l'astensione di
per sé, ma la battaglia ideologica. Pensavamo che in Italia fosse finita l'epoca delle ideologie, ma
dobbiamo constatare che non è così».


Renata Maderna
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